В течении 2015 года погибли четверо харизматичных командиров Донбасса. После гибели Павла Дрёмова, я написала на итальянском языке коротенькие очерки о них, и создала презентацию для лекций университета. Предлагаю вашему вниманию текст.
I quattro moschettieri del Donbass.
Aleksandr Bednov (29.08.1969 - 01.01.2015)
Evghenij Ischenko ( 31.01.1966 - 22.01.2015)
Aleksej Mozgovoj (03.04.1975 - 23.05.2015)
Pavel Drjomov ( 22.11.1976 - 12.12.2015)
ARAMIS
Aleksandr Aleksandrovich era nato a Lugansk. Faceva parte delle forze d'ordine speciali prima dell'URSS, poi dell'Ucraina. Il capitano in pensione. Attivista dell'antimajdan. Con l'inizio delle azioni belliche sulla terra natia, formó un gruppo di 12 combattenti. Il nome in codice Batman. Editore del foglio informativo "Za Novorossiju!". Amato dai suoi subalterni per la semplicità e il trattamento da buon padre di famiglia.Sposato con due figlio. Ammazzato insieme ai sei soldati bruciato vivo nel furgone blindato.
Bello e semplice, trattava i suoi subalterni da buon padre di famiglia. Quel dí ci doveva venire a prendere un certo San Sanych, ma poi il programma cambió, e alla frontiera vedemo arrivare il bianco furgone blindato preceduto dalla macchina di "Berkut" con la sirena mandati da Drjomov. Era lui o no? Lo stesso San Sanych? Potevamo salvargli la vita, se il programma rimaneva invariato oppure ci ammazzavano pure noi? Queste domande rimangono per sempre, ormai, senza risposta.
ATOS.
Evghenij Stanislavovich Ischenko, comandante dell'armata cosacca, Nome in codice "Malysh" ("Piccolino"), il sindaco popolare della città di Pervomajsk, barbaramente ucciso dal gruppo dei sabotatori ucraini il 22 febbraio 2015 mentre stava consegnando i viveri agli anziani del villaggio poco distante dalla cittadina. Con Lui furono uccisi anche tre volontari russi. L’uomo solare, ligio, responsabile, umile ed umano, ex-minatore di 49 anni al quale mancavano 6 mesi per andare in pensione, e che prese l’arma in mano per difendere la propria terra dagli aggressori ucraini. Aveva dei bellissimi occhi azzurri, sguardo forte e penetrante. Emanava un'aura. Uno giusto. Retto nei pensieri, nelle proprie parole e nei fatti. Girava sempre da solo, interveniva di persona a risolvere tutti i casi, era instancabile, Sempre in prima linea sia al fronte, che per le necessità quotidiani dei cittadini, curava di prima persona le distribuzioni degli aiuti umanitari. Rifiutava la scorta perché diceva che se fosse destinato a morire, comunque l’avrebbero ucciso, ma risparmiava la vita ad altri ragazzi.
Lo vidi soltanto due volte nella mia vita, ma rimasi colpita dal suo carisma e dalla serenità di uno che ha fatto bene il suo dovere. Pace interiore, questo che aveva. La prima volta quando lo vidi gli fece un'intervista.
Poi ci invitó a prendere un tè con lui nel suo ufficio, sito nei sotteranei del comune a causa dei costanti bombardamenti. Conobbi la moglie e il figlio di lui, ed i ragazzi e le ragazze che andavano e venivano. Mangiavano al volo, perchè lí sotto c'era la cucina sempre operativa.
La seconda volta fu a Stachanov durante la diretta. Non lo scorderó
PORTOS.
Il suo assassinio è avvenuto il 23 maggio nei pressi del villaggio Michajlovka, dove hanno perso la vita anche la sua assistente e altri tre miliziani che erano sulla macchina con lui. Le indagini sono in corso, ma come dichiarato dai vice comandanti della Brigata, si sospetta una operazione di una unità speciale dell’esercito ucraino preposta a questo tipo di assassinii mirati, anche se vengono vagliate anche altre ipotesi. Una cosa è sicura, questo è un durissimo colpo alla leadership politica del Donbass, soprattutto in prospettiva.
Un leader amato e rispettato dal suo popolo e anche dagli altri comandanti delle Milizie, pur con diversità di vedute e analisi della situazione. Comandante di grande carisma, uomo di azione legato ad una lettura spesso strategica della realtà e delle dinamiche in corso negli eventi ucraini. Ma soprattutto un grande organizzatore, completamente legato alle condizioni ed ai bisogni della sua gente, pragmatico ma anche stratega, lontano da astrazioni aride proprie di chi parla e scrive senza lottare. Mozgovoj era l’esatto contrario di tutto questo. Pur rilasciando talvolta dichiarazioni che parevano estreme, come quando all’inizio poneva l’obiettivo della presa di Kiev, nella realtà delle sue mosse era un fine e acuto conoscitore delle contraddizioni in Ucraina. La dimostrazione fu quando, unico tra i leader della Novorossiya, lo scorso anno portò avanti un colloquio via skype con generali e ufficiali ucraini di Kiev, ci fu anche chi lo criticò aspramente per questo. Generali e ufficiali che in quel momento erano nemici. Tuttavia ma come spiegò in apertura per cercare una soluzione alla guerra occorre confrontarsi da soldati, da patrioti, in un rispetto reciproco che esclude i fanatici, i criminali ed i nazisti che pure sono al potere a Kiev. Pur tra inevitabili differenze e scambi di accuse il colloquio terminò con auguri ed impegni reciproci di cercare soluzioni di pace, con la coscienza che i giochi erano molto lontani dai due fronti di combattimento. I saluti finali furono tra patrioti, di uomini d’onore, camerateschi e di fratellanza. Esattamente i valori di Mozgovoj, dei suoi uomini e della sua Brigata Prizrak. Io credo che quel colloquio fu uno dei più alti e lungimiranti atti politici della leadership della Novorossiya.
La sua visione politica e dell’organizzazione della società erano fondate su una forte coscienza sociale, su forti e radicati valori di uguaglianza e di progresso sociali e di patriottismo, cementati nella profonda radice antifascista dei popoli slavi, una radice non ideologica ma parte del normale sentire comune di centinaia di milioni di persone, come il 9 maggio in Russia conferma ogni anno e quest’anno più che mai. La sua lucida denuncia della comunanza quasi naturale di interessi tra gli oligarchi e le forze neonaziste, sostenute dalla NATO e dall’occidente, lo hanno sicuramente messo in una posizione di prima fila tra gli obiettivi da eliminare, un ostacolo ai piani di asservimento e sottomissione delle Repubbliche popolari del Donbass. Coloro che ne hanno ordinato la morte hanno cercato di eliminare non solo un valoroso e amato comandante militare, ma anche le sue proposte di programmi sociali avanzati, la sua devozione verso valori etici, accanto alla sua determinazione nel combattere armi in pugno per difendere la propria terra, la propria casa, la propria patria e il proprio onore, come soleva ricordare nei suoi interventi pubblici. ( a cura di Enrico Vigna tratto dall'articolo "Mozgovoj" a un mese dall'assasinio)
D'ARTAGNAN.
Ci ospitó durante le riprese del documentario amatoriale. Lo svegliammo alle due di notte, appena arrivati, e consegnammo l'aiuto umanitario portato. Ci declamó a memoria Ii versi. Mi donó un'icona che due mesi dopo consegnai alla Chiesa Ortodossa di Torino.
Incontrai i ragazzi che conoscevo già. Mi raccontarono che "Batja" era severo e ligio. Una volta fu fermato un cittadino ubbriaco al volante. Gli confiscarono la macchina. I famigliari vennero da Pavel Leonidovich a chiedere di ridare la macchina. Acconsentí, ma fece dare le frustate sulla schiena al trasgressore, che non soltanto tornó in famiglia, ma smise pure di bere gli alcolici. Severo? Sí. Giusto. Sí.
Lo ammazzarano con una bomba messa preventivamente in macchina mentre si stava recando ai festeggiamenti del secondo giorno per il suo matrimonio con una bella donna di San Pietroburgo.In ospedale morí pure il suo autista perito dalla scoppio.
A chi dava fastidio ? A molti. Sapremo mai la verità?
IL MIO VUOLE ESSERE UN OMAGGIO AI QUATTRO AMICI, AI QUATTRO COMANDANTI INDIPENDENTI E AMATI, AI QUATTRO EROI DELLA MIA PATRIA -DONBASS. GRAZIE.
Vikhoreva Irina, Roma, lí 28.12. 2015.
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